Qui, sull’estremo sperone
di lucido marmo rosato,
prora dell’antica Sirmio,
che fende le acque scure
del Benàco verso settentrione,
immoto e pensoso
osservo i monti
che si stagliano azzurri,
corona lacustre
nel cielo che trascolora
al tramonto
e colgo
dell’umido vespro d’ottobre
gli omertosi silenzi.
Accordi d’amore
modulare vorrei
con lirismo ispirato,
ma i miei diciassette lustri
non sanno
di una Lesbia da cantare.
Non più, Gaio Valerio, non più.
Giorgio Matteotti
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